La sostenibilità e la sovranità alimentare sono diventati punti essenziali per la cooperazione allo sviluppo e dal 2013 Multimicros è riuscita a realizzare tre progetti di Unità Produttive Famigliari (UPF). Il primo si è svolto tra il 2013 e il 2015 ed ha avuto una eco molto positiva presso altre comunità tanto che Multimicros Ticino ha presentato alla DSC un nuovo progetto analogo partito nel 2016 e finito nel 2018. Poi nel 2018 è partito un progetto analogo nella regione di Guanupamba con la collaborazione di una seconda Fundación, la Fimes, che è stato portato a termine nel 2020 L’obiettivo, per tutti e tre i progetti è sempre quello di creare un certo numero di famiglie formate sulle tecniche di allevamento e coltivazione e in grado di metterle in pratica nelle comunità di appartenenza. Nel corso del primo si sono realizzati i corsi di formazione previsti per le famiglie scelte durante le assemblee comunitarie. I partecipanti, dopo un primo incontro di socializzazione, hanno imparato tecniche di coltivazione dei foraggi più redditizie e metodi d’allevamento per migliorare la sicurezza, il confinamento, le misure igieniche, la riproduzione degli animali. Nel secondo anno viene organizzato il corso di costruzione del biodigestore. Le UPF Madres consegnano ad altre famiglie scelte dalle assemblee comunitarie (le UPF Réplicas) uno o due nati dopo il primo parto e forniranno loro le conoscenze tecniche acquisite. In questo modo si dà inizio alla catena riproduttiva prevista dal progetto. Le famiglie awá erano abituate a lasciare incustodite le loro fattorie anche per diversi giorni per visitare parenti, per recarsi al mercato locale o per partecipare a incontri sportivi in comunità vicine. Lasciavano che le loro poche galline si nutrissero da sole beccuzzando e non si dovevano preoccupare di dare loro il cibo necessario. Con l’implementazione del progetto hanno dovuto imparare a provvedere al nutrimento degli animali: tagliare il foraggio da dare ai cuyes il giorno prima perché possa perdere l’eccessiva umidità, preparare il chiro e il nacedero per le galline e i maiali, dar da mangiare ai pesci ma soprattutto, rendersi conto che non era più possibile lasciare la fattoria incustodita o affidata alle cure dei bambini perché gli animali deperivano o addirittura morivano perché avevano bisogno di ricevere con regolarità il loro nutrimento. In alcuni casi il marito usciva a cercare lavoro come bracciante lasciando il peso della cura degli animali sulle spalle della moglie, che da sola non riusciva a svolgere tutte le attività necessarie. Va considerato che le attività domestiche tipicamente femminili come lavare i panni e cucinare occupano molto tempo e energie. Capitava anche che l’animale denotasse qualche sintomo di malattia che non veniva segnalato subito al tecnico con conseguente deperimento e in qualche caso, anche di morte Abbiamo quini dovuto insistere molto sulla necessità e l’importanza di dedicarsi quotidianamente a questi lavori, di prendere contatto con il tecnico alle prime avvisaglie di problema, di qualsiasi tipo. I due corsi di formazione di quest’anno hanno aiutato molto in questo senso perché hanno permesso scambi di opinioni e presa di coscienza di problemi comuni facilmente risolvibili con interventi tempestivi e puntuali. In tutte le comunità c’è almeno un leader che riscuote la fiducia di tutti e che si è positivamente trasformato nel punto d’incontro tra la comunità e gli esecutori del progetto. Solo in tre casi i risultati non sono stati soddisfacenti: si tratta delle fattorie più lontane e isolate che partecipavano saltuariamente ai corsi e avevano quindi poche possibilità di scambio. In un caso il il papà, che era il proprietario del terreno su cui sorgeva la fattoria partecipante al progetto, lo ha venduto senza nemmeno avvertire il figlio che si è quindi ritrovato da un giorno all’altro senza casa e si è dovuto trasferire in quella del suocero. Il fatto che parte delle famiglie partecipanti al progetto riescano a riprodurre gli animali e a venderli costituisce un cambiamento positivo importante. Abbiamo calcolato che la vendita o all’interno della comunità o al vicino mercato locale di Lita di lattonzoli, galline, uova, pesci e cuyes ha permesso un guadagno mensile di circa $ 70, una cifra ragguardevole se si pensa che in media i guadagni delle famiglie si aggirano attorno ai 100-120 $. Quando la vendita avviene nella comunità stessa bisogna anche considerare il risparmio del trasporto verso Lita. In quanto al consumo famigliare, sono diminuite almeno del 50% le spese per l’acquisto di generi alimentari ed è migliorata la qualità dell’alimentazione. Il tecnico sul terreno ha anche dovuto informare i beneficiari sul prezzo di vendita degli animali: in un primo tempo, infatti, approfittando della mancanza di informazione sui prezzi correnti, i compratori offrivano cifre ben al di sotto del valore reale dell’animale in vendita. In sintesi, questi sono i cambiamenti principali:
Vogliamo sottolineare l’evoluzione molto positiva delle donne beneficiarie del progetto, che hanno visto un importante miglioramento del loro ruolo all’interno della famiglia. Il loro coinvolgimento nelle attività quotidiane della cura degli animali e soprattutto la loro parte attiva nella commercializzazione dei prodotti da vendere ha fatto sì che la loro opinione fosse presa in considerazione, trasformandole da ombre mute in persone capaci di esprimere il loro pensiero e degne di rispetto da parte degli uomini. Certo molto rimane ancora da fare in una società dove è il maschio che assume tutte le decisioni importanti. |
Sono state fondamentali per la buona riuscita del progetto la continua assistenza tecnica e le visite mensili effettuate da Washington Chuquizán, il nostro tecnico sul campo e direttore della Fimes, che ha svolto un lavoro encomiabile considerando che le fattorie coinvolte si trovano in comunità discoste e lontane le une dalle altre ore di cammino su sentieri fangosi e spesso sotto la pioggia.
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